Omelia tenuta durante la messa nel carcere di Locri

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         La lampada di Betlemme che vi è stata portata è richiamo alla luce che è Gesù. Egli viene per illuminare le tenebre ed ove ci sono le tenebre Egli è lì a portare luce e speranza. 

Anche qui vi sono momenti di tenebre, di oscurità, di scoraggiamento, di dubbio, E allora il Signore viene anche qui. Non dimenticatelo. Viene a portare la sua leuce. Accoglietelo. E’ possibile vivere il Natale anche qui, perché il Signore non disdegna di scendere nei luoghi più poveri ed abbandonati. Voi non siete abbandonati. E questo il messaggio che il Natale viene a consegnarvi. Non siete abbandonati e lo dimostra anche la presenza di tanti volontari che qui cantano con voi allietando questa liturgia e condividendo delle attività

Ora però voglio fermarmi sul tema della liturgia di oggi: la nascita di Giovanni Battista, avvenuta per dono della misericordia di Dio all’anziana Elisabetta. Il Vangelo richiama la presenza-vicinanza di Dio ad Elisabetta e Zaccaria. Dio si manifesta accanto ad Elisabetta e le mostrala sua grande misericordia. Gli stessi parenti e vicini che si accorgono di questo si rallegravano con lei. La vicinanza di Dio si manifesta ad Elisabetta nel donarle un figlio in età avanzata. Al figlio Elisabetta vuole dare il nome ma non quello di suo padre Zaccaria: «No, si chiamerà Giovanni», nonostante che nessuno della sua parentela portasse questo nome. Fu così chiamato Giovanni tra la meraviglia generale. “Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui”.

Il nome ha grande importanza per la persona, ne rappresenta l’identità, l’unicità, la missione che porta in sé. Siamo chiamati per nome, ci chiamiamo per nome. Avere un nome è avere una dignità che ci dev’essere rispettate. Nel nome è compresa la dignità della persona, la sua identità. Il giorno del battesimo il sacerdote chiede ai genitori: “Che nome date al vostro bambino?”. Quando nasce e viene battezzato un bimbo gli si dà il nome. A Gesù viene dato il nome di Emmanuele, Dio con noi. Un nome che ritroviamo già nel libro del profeta Isaia, che al re Acaz e al suo popolo, minacciati da un grave pericolo, annunciava: «Ecco, la vergine [= la giovane moglie di Acaz] concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). 

L’evangelista Matteo vede il compimento di questa promessa in Gesù. La «vergine» si riferisce alla madre di Gesù, Maria. L’ «Emmanuele » è Gesù. Infatti la sua nascita avviene «perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di “Emmanuele”, che significa “Dio con noi”» (Mt 1,22-23). Questo titolo di Gesù esprime una grande verità su Dio e su Gesù: Dio è «Colui che sta dalla sua parte», «che sta sempre con lui», un Dio vicino che sta dalla nostra parte. Nel vangelo secondo Matteo, Gesù è l’Emmanuele che «è sempre in mezzo ai suoi» («Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro», Mt 18,20). È l’Emmanuele, che, risorto e asceso al cielo, ci ha promesso: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Gesù, che con la sua nascita dalla Vergine Maria si è rivelato come l’Emmanuele, dopo la sua risurrezione assicura la sua presenza in modo permanente e definitivo in mezzo a noi. Questa presenza del “Dio con noi” segna ora ogni giorno della nostra storia e della nostra fede e ci accompagna esortandoci: «Non temete» (Mt 28,10).

            Il nome di Dio è misericordiaInvocare il nome di Dio (Dio mio aiutami, salvami, proteggimi, guidami)è invocare la sua misericordia. Una misericordia che non lascia mai le cose come stanno, ma interviene sempre e chiede di abbandonare la via del male. Il Natale porta questa novità: Dio interviene nella storia dell’umanità che aiutarla a risollevarsi, per salvarla. Viene per donarci la sua misericordia e aiutarci a capire che il male ci porta lontani, ci allontana da Lui e, solo aderendo a Lui, viviamo veramente. Il male uccide: da esso bisogna liberarsi se non si vuole restare nella morte. Questa esperienza di conversione anche voi potete viverla già in questo luogo, senza perdere tempo, con la pazienza di ricostruire prima voi stessi, di decidere di lasciare dietro le spalle il male fatto. 

            E’ questa la speranza del Natale: il Signore è sempre accanto a noi. Non siamo mai soli: quando facciamo bene egli fa sentire la sua voce che ci approva, quando facciamo il male la stessa voce ci richiama, ma rimane lo stesso accanto e ci chiede di ritornare sui nostri passi. Il Signore stesso ci dà la forza di fare il bene, se noi lo accogliamo.

            Vi porto il saluto di vostri parenti agli arresti domiciliari, alcuni dei quali si sono già resi conto del male fatto e adesso soffrono in attesa di una pena, che cambia la propria condizione di vita. Il male purtroppo uccide. Spesso esso nasce dal desiderio di avere di più. Il denaro e il volerne avere sempre di più porta alla rovina. “Il denaro è più potente del diavolo”, mi diceva un’anziana donna di San Luca. Quanta saggezza in questo detto!  

Vivere il Natale è accettare di cambiare dentro, è accogliere quel Dio che ti chiede di costruire con Lui la tua vita, osservando la sua legge, che è la legge dell’amore. Ti chiede di riconoscere che viviamo con gli altri e che solo insieme agli altri possiamo costruire un mondo nuovo. Quello che insieme siete riusciti a fare collaborando col cappellano è la prova che siete capaci di fare cose nuove. Teneteci sempre alla vostra cappella, e rendete sempre umano il luogo che abitate attraverso il rispetto reciproco. BUON NATALE!