La preparazione e la celebrazione delle feste pasquali

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Norme e indicazioni

“Le tradizioni quaresimali e della settimana santa non devono essere di ostacolo alle azioni liturgiche, previste dal calendario. […] ” (Orientamenti liturgico-pastorali e norme per le feste religiose, 149). Le indicazioni che seguono vogliono contribuire a favorire e orientare il lavoro di adeguamento della nostra prassi liturgica e devozionale ad una sempre maggiore armonia con la Liturgia della Settimana santa e in special modo col Triduo Sacro, secondo le indicazioni della Chiesa universale e della nostra Chiesa locale ovvero del vescovo diocesano.

Anche le Confraternite dovranno rispettare lo svolgimento dei riti della Settimana Santa facendo sì che le tradizioni popolari siano rispettose delle norme liturgiche, pur potendo partecipare convenientemente con i propri labari ed insegne (cfr Orientamenti liturgico-pastorali e norme per le feste religiose, 155).

Richiamiamo di seguito alcune indicazioni liturgiche sui riti della settimana santa presenti nelle rubriche.

DOMENICA DELLE PALME

La struttura attuale della celebrazione accosta in una sintesi toccante due momenti contrastanti: l’accoglienza festosa di Gesù a Gerusalemme (dalla liturgia gerosolimitana) e la narrazione della passione secondo i sinottici (uso romano antico).

La chiesa (soprattutto il portale) e il presbiterio possono essere ornati con rami di ulivo e di palma, non con fiori. L’ornamento floreale non deve perdurare nelle ferie
«La processione sia una soltanto e fatta sempre prima della Messa con maggiore concorso di popolo, anche nelle ore vespertine, sia del sabato che della domenica. Per compierla si raccolgano i fedeli in qualche chiesa minore o in altro luogo adatto fuori della chiesa, verso la quale la processione è diretta. I fedeli partecipano a questa processione portando rami di palma o di altri alberi. Il sacerdote e i ministri precedono il popolo portando anch’essi le palme» (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 29).

Si potrebbe prevedere una spiegazione ai fedeli sul senso della processione e dei rami benedetti che, se portati a casa, hanno valore di testimonianza e richiamo all’atteggiamento spirituale di adesione a Cristo che la celebrazione ha nutrito.

Per tale motivo, non è possibile benedire i rami di palma, ulivo o altro fuori dalla liturgia che commemora l’ingresso di Gesù a Gerusalemme.

Possibilmente non si rinunci alla forma lunga della Passione. La forma breve è proposta dal Lezionario per celebrazioni e contesti particolari (con i bambini, negli ospedali, etc.). Il Vangelo, come sempre, si ascolta in piedi. Naturalmente, chi ha bisogno potrà sedersi.

«Il “Passio” viene cantato o letto dai diaconi o dai sacerdoti o, in loro mancanza, dai lettori, nel qual caso la parte di Cristo deve essere riservata al sacerdote.
La proclamazione della Passione si fa senza candelieri, senza incenso, senza il saluto al popolo e senza segnare il libro; solo i diaconi domandano la benedizione del sacerdote, come le altre volte prima del Vangelo». (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 33).

Alla lettura della Passione, al ricordo della morte del Signore si fa una pausa e tutti si inginocchiano, stando rivolti all’altare.

In molte comunità questa è la celebrazione più affollata dell’anno liturgico. Per questo va adeguatamente preparata nei giorni precedenti, assicurando altresì la disponibilità di confessori. si organizzi la distribuzione della comunione in modo che il rito non debba prolungarsi troppo.

Si dia avviso degli orari della settimana, del Triduo e del giorno di Pasqua. E’ bene preparar un foglio scritto con il programma dettagliato.

Non è opportuno introdurre elementi propri delle rappresentazioni sacre – pur lodevoli e pastoralmente feconde in taluni casi – all’interno delle celebrazioni liturgiche. In modo particolare, per la processione della Domenica Palme si evitino i soldati romani alla processione, il figurante che rappresenta Gesù sull’asinello e altre cose simili.

FERIE DELLA SETTIMANA SANTA

Sono giorni particolarmente favorevoli per le Celebrazioni comunitarie della Penitenza, per la formazione liturgica attraverso incontri per gli operatori pastorali e la preparazione prossima dei riti.
Possibilmente si preveda la possibilità di qualche confessore straordinario per favorire l’ascolto delle confessioni anche di coloro che hanno difficoltà a confessarsi col parroco.

La Santa Messa Crismale – come negli anni precedenti – nella nostra Diocesi viene anticipata alla sera del Mercoledì della settimana santa, nella cattedrale di Gerace, in modo da favorire la più ampia partecipazione, anche di fedeli provenienti dalle diverse parrocchie.

I fedeli vengano sensibilizzati e invitati a questa importante Celebrazione Eucaristica se ne favorisca in ogni modo la presenza.

GIOVEDÌ SANTO – MESSA NELLA CENA DEL SIGNORE

«La Messa nella Cena del Signore si celebra nelle ore vespertine, nel tempo più opportuno per una piena partecipazione di tutta la comunità locale. Tutti i presbiteri possono concelebrarla, anche se hanno già concelebrato in questo giorno la Messa del crisma, oppure se sono tenuti a celebrare un’altra messa per il bene dei fedeli». (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 46)

La celebrazione della Santa Messa in Coena Domini avvenga solo nella chiesa parrocchiale e sia espressione di unità di tutta la comunità. Il Santissimo Sacramento sia conservato nella Cappella appositamente predisposta, ornata in modo conveniente, perché possa facilitare l’orazione e la meditazione: si raccomanda il rispetto di quella sobrietà che conviene alla Liturgia di questi giorni, evitando o rimuovendo ogni abuso contrario.

Se il tabernacolo è collocato in una cappella separata dalla navata centrale, conviene che in essa venga allestito il luogo per la reposizione e

l’adorazione.(Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 48-49).

L’Altare della Reposizione sia unico in ogni parrocchia e preparato nella sola chiesa parrocchiale dove si è celebrata la Santa Messa in Coena Domini e dove si celebrerà l’Azione liturgica del Venerdì Santo.

La solenne Azione Liturgica del Venerdì Santo, infatti, va opportunamente celebrata laddove si è celebrata la Santa Messa in Coena Domini e dove si è realizzato l’Altare della Reposizione.
Si eviti, quindi, ogni altro uso che prevede la realizzazione di altri Altari della Reposizione in altre chiese, anche laddove non si è celebrata la Santa Messa in Coena Domini e dove non si celebrerà la Solenne Azione Liturgica del Venerdì Santo.

“In riferimento al luogo della riposizione, non venga conferito ad esso l’aspetto di una sepoltura o di urna funeraria. Il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso, senza fare l’esposizione con l’ostensorio. Dopo la mezzanotte del giovedì santo, l’adorazione si compie senza solennità, essendo già iniziato il giorno della Passione del Signore” (Orientamenti liturgico-pastorali e norme per le feste religiose, 150)

Prima delle celebrazione il tabernacolo deve essere vuoto e vuoti devono essere i tabernacoli delle chiese dove non si celebra la Santa Messa in Coena Domini e l’Azione Liturgica del Venerdì Santo.

Le particole per la comunione dei fedeli vengano consacrate nella stessa celebrazione della Messa. Si consacrino in questa Messa ostie in quantità sufficiente per la celebrazione in corso, per gli ammalti e per la celebrazione del giorno seguente.

Durante il canto dell’inno del Gloria si suonano le campane. Terminato il canto, non si suoneranno più fino alla Veglia pasquale […] Durante questo tempo l’organo e gli altri strumenti musicali possono usarsi soltanto per sostenere il canto (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 50)

«La lavanda dei piedi, che per tradizione viene fatta in questo giorno ad alcuni uomini scelti, sta a significare il servizio e la carità di Cristo, che venne “non per essere servito, ma per servire”. È bene che questa tradizione venga conservata e spiegata nel suo significato proprio». (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 51). Papa Francesco ha dato mandato alla Congregazione competente di emanare un decreto che modifica le rubriche, consentendo anche la presenza di donne, laddove fosse pastoralmente opportuno.

Si cerchi in ogni modo, per la sua utilità pastorale, di non tralasciare il rito della Lavanda dei piedi, sebbene non sia obbligatoria.

Nelle rubriche non si fa assolutamente riferimento al numero di coloro a cui si laverà i piedi e quindi non pare ragionevole essere vincolati al numero di dodici o farne un motivo per tralasciare il rito.

I bambini non sono esclusi a priori, ma non sembra opportuno scegliere solo o prevalentemente bambini: il gesto non risulterebbe comprensibile nella dimensione di amore fraterno che si fa servizio e che è legge per tutti – soprattutto per gli adulti – nella comunità cristiana.

Per maggiore visibilità del rito, lo si può svolgere in presbiterio ma le persone coinvolte accederanno al presbiterio solo al momento del rito, e torneranno al loro posto prima della preghiera universale.

Molto opportuno si è rivelato in più parti far rimanere i fedeli scelti per il rito della Lavanda dei piedi nei banchi, seduti nella parte che dà sul corridoio centrale. Al momento della Lavanda, in tal caso, sarà lo stesso sacerdote che, accompagnato dai ministri, passerà lungo il corridoio della navata centrale per lavare i piedi dei fedeli scelti che, rimanendo al loro posto, si saranno seduti rivolgendosi verso il corridoio centrale.

«Durante la processione delle offerte, mentre il popolo canta l’inno “Dov’è carità e amore”, possono essere presentati i doni per i poveri, specialmente quelli raccolti nel tempo quaresimale come frutti di penitenza» (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 52). È l’unico caso in cui il Messale indica il canto per l’offertorio: un canto che peraltro è conosciuto da tutti i fedeli, è presente in tutti i repertori parrocchiali, in latino o in italiano, con varie melodie. Non è il caso di cercare altri canti.

Si consiglia l’uso del Canone Romano, che il Messale riporta nel proprio del tempo con le varianti proprie del giorno.
Si valuti la possibilità di distribuire a tutti i fedeli la comunione sotto le due specie.

Si ricordi che è vietato allestire davanti all’Altare dove si celebra l’Eucaristia, un tavolo che raffiguri il luogo dell’ultima cena, o peggio ancora celebrare sopra questo tavolo con i dodici, ricercando una rappresentazione della Cena di Gesù.

Le vigenti norme in materia affermano in modo chiaro l’importanza da attribuirsi all’Altare, la cui posizione deve far sì che l’intera comunità rivolga lì la propria attenzione.

L’usanza, quindi, di predisporre una tavola con il pane e il vino per la memoria dell’Ultima Cena di Gesù, come nel caso della celebrazione per i fanciulli durante la prima partecipazione all’Eucaristia, è simbolicamente una ripetizione, pedagogicamente una distrazione e pastoralmente qualcosa di inconsistente, poiché distrae il popolo dall’Altare, turba la percezione dell’importanza dei singoli elementi dell’architettura della Chiesa e non favorisce affatto la partecipazione dei fedeli (cfr Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, Notitiae, vol. 38/2002, 492).

Terminata l’orazione dopo la Comunione, si forma la processione che, attraverso la chiesa, accompagna il Santissimo Sacramento al luogo dove è stato allestito l’Altare della reposizione. Apre la processione il crocifero; si portano le candele accese e l’incenso. Intanto si canta l’Inno “Pange lingua” o un altro canto eucaristico.

La processione e la collocazione del Santissimo Sacramento nell’Altare della reposizione non si possono fare in quelle chiese in cui non si è celebrata la Santa Messa in Coena Domini e dove il Venerdì santo non si celebra l’Azione liturgica pomeridiana della Passione del Signore.

Si eviti il termine stesso di “sepolcro” per indicare il luogo della reposizione: infatti l’Altare della reposizione viene allestito non per rappresentare la sepoltura del Signore – o come si usa dire in alcuni luoghi, la sua carcerazione – ma per custodire le particole consacrate per la Comunione, che verrà distribuita il Venerdì nella Passione del Signore.

Terminata la Messa viene spogliato l’Altare della celebrazione.

È bene coprire tutte le croci con un velo di colore rosso o violaceo e, possibilmente, tutte le statue della chiesa con un drappo bianco, a meno che non siano state già coperte il sabato prima della domenica V di Quaresima. Non possono accendersi le luci davanti alle immagini dei Santi. (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 54-57).

Non è consentita la celebrazione di messe esequiali. Le esequie si celebrano nella sola Liturgia della Parola senza la distribuzione della Comunione (in tal caso il sacerdote indossa la stola e il piviale di colore violaceo sopra il camice o sopra la talare e la cotta).

VENERDÌ SANTO – PASSIONE DEL SIGNORE

“Nel programma liturgico del Venerdì Santo dovrà esser dato il primo posto e il massimo rilievo alla Solenne Azione Liturgica del pomeriggio. Si aiutino i fedeli a comprendere che nessun altro pio esercizio può sostituirla. Sia celebrata come prescritto dalle rubriche e senza introdurvi riti e pratiche di devozione estranea alla stessa, come la tradizionale chiamata della Madonna o il Rito di Sepoltura di Gesù” (Orientamenti liturgico-pastorali e norme per le feste religiose, 151)

Il Venerdì nella Passione del Signore è giorno di penitenza obbligatoria in tutta la Chiesa, da osservarsi con l’astinenza dalle carni e il digiuno.

In questo giorno sono del tutto proibite le celebrazioni dei Sacramenti, eccetto quelli della Penitenza e dell’Unzione degli infermi.

Le esequie siano celebrate senza canto e senza il suono dell’organo e delle 8

campane nella sola Liturgia della Parola senza la distribuzione della Comunione (in tal caso il sacerdote indossa la stola e il piviale di colore violaceo sopra il camice o sopra la talare e la cotta).

Si raccomanda che l’Ufficio delle letture e le Lodi mattutine di questo giorno siano celebrati nelle chiese con la partecipazione del popolo.

Si faccia la celebrazione della Passione del Signore nelle ore pomeridiane. Per motivi pastorali si consiglia di scegliere l’ora più opportuna, in cui è più facile riunire i fedeli, mai però oltre le ore 18.00.

Si rispetti religiosamente e fedelmente la struttura dell’azione liturgica della Passione del Signore (Liturgia della Parola, Adorazione della Croce e santa Comunione), che proviene dall’antica tradizione della Chiesa. A nessuno è lecito apportarvi cambiamenti di proprio arbitrio». (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 60-64).

Si ricordi che è una Celebrazione liturgica e non una pia pratica e va presieduta con gli stessi paramenti previsti per la Messa e non in stola e piviale, né tantomeno con la sola talare nera e la stola e il piviale sopra. Si ricordi che il colore previsto è il rosso e non il viola né tantomeno il nero! Non è la celebrazione del funerale di Gesù ma la celebrazione della Regalità di Cristo Crocifisso che si offre in olocausto per amore fino a regnare dal Legno della Croce!

I ministri ordinati che non presiedono possono prendervi parte in camice e stola rossa o in talare, cotta e stola rossa.

Non si tema, anzi si favorisca il silenzio che scandisce i passaggi tra i vari momenti celebrativi: è lo sfondo su cui si stagliano sia la Parola di Dio, sia la parola orante della Chiesa, che rispettivamente annunciano e celebrano il grande mistero della Croce.

La Croce da mostrare al popolo sia sufficientemente grande e di pregio. Per questo rito si scelga la prima o la seconda formula indicata nel Messale. Tutto questo rito si compia con lo splendore di dignità che conviene a tale mistero della nostra salvezza: sia l’invito fatto nel mostrare la santa Croce che la risposta data dal popolo, se possibile, si eseguano con il canto.

Non si ometta il silenzio riverente dopo ciascuna prostrazione, mentre il sacerdote celebrante rimane in piedi tenendo elevata la Croce.

Si presenti la Croce all’adorazione di ciascun fedele, perché l’adorazione personale della Croce è un elemento molto importante in questa celebrazione.

Per l’adorazione si presenti un’unica Croce, nel rispetto della verità del segno.

Durante l’adorazione della Croce si cantino le antifone, i Lamenti del Signore e l’Inno, che ricordano in modo lirico la storia della salvezza, oppure altri canti adatti. (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 68-69).

L’ostensione della croce e l’acclamazione dell’assemblea si svolgono opportunamente in canto (melodie alle pp. 1088-1090 e 1125 del Messale Romano).

Si ricordi di effettuare la Colletta per i luoghi santi. E’ un gesto concreto di manifestare la nostra vicinanza a quelle comunità cristiane molto provate e bisognose del concreto sostegno da parte di tutti.

«Per la loro importanza pastorale, non siano trascurati i pii esercizi, come la “Via Crucis”, le processioni della Passione e la memoria dei dolori della Beata Vergine Maria. I testi e i canti di questi pii esercizi siano in armonia con lo spirito liturgico. L’orario dei pii esercizi e quello della celebrazione liturgica siano composti in modo tale che l’azione liturgica risulti di gran lunga superiore per sua natura a tutti questi esercizi». (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 71-72).

Nella processione o nella Via Crucis per le vie del paese si ricorda ai ministri ordinati che presiedono o vi prendono parte di fare uso dell’abito corale (talare e cotta – oppure camice –, stola rossa e se si vuole il piviale dello stesso colore rosso).

 

“La processione del Venerdì Santo, del Cristo morto e dell’Addolorata, con le varette o misteri, si svolga esclusivamente dopo e a completamento della celebrazione solenne della Passione e Morte del Signore del Venerdì pomeriggio. Dove non c’è questa tradizione, in alternativa, si può tenere il pio esercizio della via Crucis per le vie della parrocchia” (cfr Orientamenti liturgico-pastorali e norme per le feste religiose, 152).

SABATO SANTO

“La pietà popolare non deve rimanere estranea al carattere peculiare del Sabato Santo; pertanto, le consuetudini e le tradizioni religiose collegate con questo giorno, in cui un tempo veniva anticipata la celebrazione pasquale, sono da evitare” (cfr Orientamenti liturgico- pastorali e norme per le feste religiose, 153).

«Il Sabato santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e morte, la discesa agli inferi ed aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua Risurrezione. È molto raccomandata la celebrazione dell’Ufficio delle letture e delle Lodi mattutine con la partecipazione del popolo. Dove ciò non è possibile, sia prevista una celebrazione della Parola di Dio o un pio esercizio rispondente al mistero di questo giorno. Possono essere esposte nella chiesa per la venerazione dei fedeli l’immagine del Cristo crocifisso o del Cristo morto o l’immagine della beata Maria Vergine Addolorata. Oggi la Chiesa si astiene del tutto dal celebrare il sacrificio della Messa. La santa Comunione si può dare solo in forma di Viatico. Si rifiuti la celebrazione delle nozze e degli altri sacramenti, eccetto quelli della Penitenza e dell’Unzione degli Infermi» (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 73-75).

Le esequie siano celebrate senza canto e senza il suono dell’organo e delle campane nella sola Liturgia della Parola senza la distribuzione della Comunione (in tal caso il sacerdote indossa la stola e il piviale di colore violaceo sopra il camice o sopra la talare e la cotta).

Si può lodevolmente proseguire il digiuno pasquale fino alla Veglia.

 

VEGLIA PASQUALE

“Nella Veglia Pasquale sia data importanza alla benedizione del Cero pasquale, come previsto dalla Liturgia, evitando di sovrapporre altri segni non previsti dal rito, che potrebbero ingenerare confusione. Non sono ammesse rappresentazioni della risurrezione” (cfr Orientamenti liturgico-pastorali e norme per le feste religiose, 154). Per rappresentazioni della Risurrezione si intende ogni forma scenografica che fa da cornice all’esposizione della statua del Cristo Risorto.

E’ quindi vietato ogni apparato che cerchi di riprodurre la “scena della resurrezione” e ogni forma di esposizione e ingresso della statua del Risorto soprattutto se accompagnata da elementi esterni come suono di trombe o tuoni, fumo, giochi di luce, fuochi pirotecnici e quant’altro.

Essendo la statua del Risorto oggetto devozionale caro alla nostra gente, si collochi nel luogo preparato perché vi rimanga per tutto il Tempo pasquale, riservando al Cero pasquale la sua centralità di simbolo del Risorto.

“L’intera celebrazione della Veglia pasquale si svolge di notte; essa quindi deve o cominciare dopo l’inizio della notte o terminare prima dell’alba della Domenica”. Tale regola è di stretta interpretazione e pertanto è bene rimuovere gli abusi e le consuetudini contrarie, che talvolta si verificano, così da anticipare l’ora della celebrazione della Veglia pasquale nelle ore in cui di solito si celebrano le Messe prefestive della domenica.

 

Non è lecito inserire nella liturgia della Veglia riti, testi o gesti non presenti nei libri liturgici legittimamente approvati.

1. IL LUCERNARIO

«Per quanto possibile, si prepari fuori della chiesa, in un luogo adatto, il rogo per la benedizione del fuoco nuovo, la cui fiamma deve essere tale da dissipare veramente le tenebre e illuminare la notte. Nel rispetto della verità del segno, si prepari il Cero pasquale fatto di cera, ogni anno nuovo, unico, di grandezza abbastanza notevole, mai fittizio, per poter rievocare che Cristo è la luce del mondo» (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 82).

E’ il caso di evitare l’uso del finto Cero pasquale, ovvero un tubo di plastica che simula forma e colore di un cero, ma che non lo è, non si consuma e non finisce: questo è in aperto contrasto con le indicazioni liturgiche e contraddice ciò che viene cantato nel Preconio (si pensi al riferimento all’ape madre che ha prodotto la cera).

La preparazione del cero (incisioni e grani di incenso) è facoltativa. Fornendo ai fedeli una candela provvista di flambeaux si evitano i problemi che la cera comporta.

Il fatto che il Preconio possa essere affidato anche a un cantore (con le omissioni del saluto e parte che allude alla condizione di ministro ordinato) dice chiaramente che il testo – un annuncio lirico – è esplicitamente destinato al canto, non alla proclamazione nel registro del parlato.

Per questo, come per altri testi della Veglia esplicitamente destinati al canto, si vedano le melodie riportate alle pp. 1090-1105 e 1126-1134 del Messale Romano.

2. LA LITURGIA DELLA PAROLA

L’attenzione pastorale consente di limitare le letture dell’Antico Testamento fino a un minimo di tre, con obbligo di non omettere la narrazione della prima pasqua (terza lettura), ma si tratta di una concessione pastorale per situazioni particolari, non della normalità.

Il Gloria è un inno: come tale, soprattutto in questa notte, richiede il canto.

È opportuno che sia il celebrante stesso a intonare solennemente l’Alleluia pasquale, eventualmente con la risposta del popolo, in un’unica volta o per tre volte consecutive a tonalità crescenti. Il cantore, poi, prosegue con le strofe del salmo 118 al quale fa seguito immediatamente la proclamazione del Vangelo.

3. LA LITURGIA BATTESIMALE

La Pasqua è per eccellenza e fin dall’antichità notte battesimale. Occorre però distinguere tra l’iniziazione cristiana degli adulti, che nella Veglia trova il suo luogo proprio, e il battesimo dei bambini.
In quest’ultimo caso occorrerà individuare una famiglia sensibile, che conosca, apprezzi e viva con fede la celebrazione della Veglia. Non è opportuno indicare alla famiglia un orario presunto (posteriore all’inizio della Veglia) in cui arrivare per il momento del Battesimo.

I battesimi si compiono esclusivamente nel Fonte battesimale, luogo liturgico fisso in ogni parrocchia. Il Fonte non può essere sostituito da allestimenti posticci o bacili, approntati in presbiterio o nelle immediate vicinanze a motivo della visibilità dei riti.

Non è necessario che tutti vedano il momento dell’infusione o dell’immersione: con i battezzandi vanno i padrini e i parenti più stretti. L’assemblea accompagna con la preghiera e il canto delle litanie la processione al fonte; può accogliere poi con una acclamazione festosa i neofiti che rientrano nell’aula liturgica.

Il modo di inserire l’iniziazione cristiana degli adulti nella Veglia è indicato nel Messale Romano e nel RICA. Concretamente si può fare in questo modo: si seguono le indicazioni del Messale fino al n. 43. Si continua con RICA n. 217 (rinuncia) e si procede fino a RICA n. 213 (cresima dei neofiti). Quindi si riprende il Messale: il sacerdote pronuncia l’orazione a fine di p. 181 («Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo…», e attraversa l’assemblea aspergendola con l’acqua benedetta mentre la schola e l’assemblea cantano Vidi aquam o altro canto adatto.

Anche laddove non ci sono battesimi, si benedice comunque il fonte. La formula per la benedizione della sola acqua lustrale è riservata alla celebrazione della Veglia che ha luogo in chiese non parrocchiali (e che quindi non hanno il Fonte battesimale).

4. LA LITURGIA EUCARISTICA
I neo-battezzati, o i genitori o padrini dei bambini appena battezzati, portino i

doni all’altare.

Si valuti la possibilità di distribuire a tutti i fedeli, oltre che ai neofiti, la comunione sotto le due specie.

5. RITI FINALI

Soprattutto laddove non vi è la tradizione della cosiddetta Confronta di Pasqua nella Domenica di Pasqua, si può compiere “un breve pio esercizio: si benedicono dei fiori, che saranno distribuiti ai fedeli in segno di gioia pasquale, e si rende un omaggio all’immagine dell’Addolorata alla quale può essere tolto il manto nero del lutto o può essere incoronata mentre si canta il Regina Coeli.

I fedeli, che si erano associati, al dolore della Vergine per la Passione del Figlio, vogliono così rallegrarsi con lei, per l’evento della Risurrezione.
Tale pio esercizio, detto Saluto pasquale alla Madre del Risorto, che non dev’essere frammisto all’azione liturgica della Veglia o della Messa, è consono ai contenuti del mistero pasquale, e costituisce una ulteriore prova di come la pietà popolare percepisca l’associazione della madre all’opera salvifica del Figlio (Cfr Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia, 151)

IL GIORNO DI PASQUA

Si suggerisce di sostituire l’atto penitenziale con la memoria battesimale e l’aspersione con l’acqua benedetta nella Veglia.

Il canto della Sequenza è obbligatorio il giorno di Pasqua, facoltativo nell’ottava. L’assemblea si alza in piedi. L’uso di alzarsi è conforme alla nascita della sequenza che era un tropo dell’Alleluia.
«Si raccomanda molto che soprattutto nell’ottava di Pasqua la santa Comunione sia portata agli infermi» (Congregazione per il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Paschalis Solemnitatis, 104).

Ove possibile, è opportuno concludere la giornata di Pasqua con la celebrazione in canto dei vespri.

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