Omelia in occasione delle Esequie di Mons. Cornelio Femia

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Chiesa di S. Maria di Portosalvo in Siderno

20 novembre 2019

Eccellenza, cari sacerdoti, autorità presenti, carissimi fratelli e sorelle carissimi, parenti tutti, siamo in tanti a voler dare l’ultimo saluto a don Cornelio, che fino a ieri ha servito, amato e sofferto la nostra stessa realtà umana e spirituale. Tanti mi hanno chiesto di parlare per esprimere gratitudine a questo sacerdote. Ringrazio in particolare quanti gli sono stati vicini e lo hanno amato, quanti hanno collaborato con lui. Saluto e ringrazio particolarmente la sua sorella ed i nipoti, i parenti tutti. Tanti mi hanno chiesto la parola e sono certo che avrebbero espresso sentimenti di riconoscenza e di elogio. Ma penso che in questo momento – di fronte alla morte – il silenzio è più eloquente delle stesse parole. 

Colgo in tutti voi – come in me – il desiderio di dire grazie a don Cornelio per il bene che il Signore ha operato per mezzo suo. Insieme possiamo dire con San Girolamo: “È un grande dolore averlo perduto, ma Ti ringraziamo, o Dio, di averlo avuto, anzi di averlo ancora, perché chi torna al Signore non esce di casa” (San Girolamo). Ci mancherai, don Cornelio. Ci peserà il vuoto che lasci, ma non ti sentiremo lontano. Non ti sentirà lontano questa diocesi, che hai servito con intelligenza, con passione e tanta saggezza. In compiti molto delicati, come amministratore diocesano per due volte. Sei stato primo collaboratore del vescovo come vicario generale e vicario giudiziale. Non c’è stata collaborazione importante che non hai dato ai vari vescovi. In questi ultimi anni anch’io ho avuto la tua vicinanza e collaborazione. I tuoi erano consigli saggi, prudenti, illuminati, espressione di un cuore che amava e soffriva per questa terra. Grazie, don Cornelio, per essere stato una guida per tanti sacerdoti. Grazie per tutto anche a nome dei vescovi che mi hanno preceduto (mons. Morosini e mons. Bregantini) e della chiesa diocesana che hai amato e servito. 

Non ti sentirà lontano questa comunità parrocchiale di S. Maria di Portosalvo che ti ha avuto come parroco dal settembre 1996 ad oggi. Un periodo intenso e laborioso. Non ti sentirà lontano la comunità parrocchiale di Mammola, che dall’ottobre 1974 sino al settembre 1996, ti ha avuto come parroco. Da credenti siamo certi che – come afferma S. Agostino -“non si perdono mai coloro che amiamo, perché possiamo sempre amarli in Colui che non si può perdere”.

E’ il sentire comune che unisce tutti indistintamente in un unico abbraccio: il capitolo cattedrale, la curia diocesana, il mondo della scuola, le confraternite, le associazioni ed i movimenti cattolici, i cittadini di Siderno, credenti e non, la società civile. Con tutti hai saputo comunicare con senso ecclesiale, saggezza ed intelligenza.

Non si contano i messaggi di cordoglio. Ringrazio tutti per la vicinanza, ma chiedo anche di pregare per vocazioni. Se guardiamo la vita con l’occhio della fede ogni sacerdote – come don Cornelio – ci fa incontrare la misericordia di Dio. 

Come comunità credente consegniamo al Signore l’anima fedele di don Cornelio,  che era nato a Grotteria il 16 marzo 1940. Ordinato sacerdote il 13 agosto 1966 da mons. Michele Arduino, è stato un Sacerdote a tutto campo, ha servito il Signore e la chiesa con intelligenza ed amore sino all’ultimo giorno, badando sempre al bisogno delle anime più che a se stesso. Non si è risparmiato, accettando di collaborare in tutti gli uffici di curia in cui è stato chiamato: da vicario giudiziale a vicario generale, e da amministratore diocesano per due volte. Lo ringrazio per la collaborazione ed i saggi consigli che ha saputo darmi come vicario generale. Mi è bastato poco per rendermi conto dello stile del suo servizio, fatto di impegno e generosità, di zelo pastorale per la diocesi e per questa chiesa particolare. Era l’umile servitore del Signore con la consapevolezza del servo inutile, che vede nel servizio la prima forma di carità. 

Penso che ci aiuti molto la Parola di Dio che la liturgia feriale di questo mercoledì della XXXIII settimana dell’anno ci ha consegnato. Una Parola che ci parla e che tante volte ha parlato a don Cornelio. Di questa Parola s’è fatto prima catechista, interprete gioioso. Con essa si è confrontato. Credo di poter dire che spesso don Cornelio si è visto nelle vesti di uno dei servi di cui parla il Vangelo. Oggi risentiamo le stesse parole del Signore, che lo chiama e  gli dice: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città” (Lc). E’ il giusto premio per chi è stato fedele alle consegne ricevute, per chi ha fatto fruttificare per dieci la moneta d’oro che aveva ricevuto.

Servo buono e fedele” scelto da Dio ad un così alto ministero qual è quello sacerdotale. Parole che vorrei sentir dire dal Signore a me ed a ciascun sacerdote. Non ci siamo scelti per questo compito. Chi può dire: “Voglio fare il sacerdote”, come se dipendesse da lui.  Niente di più errato. Tu, sacerdote, sei un chiamato da Dio, ed è questa chiamata che dà dignità al tuo essere ed agire. Don Cornelio non si è proposto ad un così alto ministero. Non s’è scelto. Nella sua vita terrena non cercava i primi posti, non amava mettersi in mostra. Eppure era gioviale ed affettuoso, sorridente e disponibile. Non ha mai lasciato prevalere nei suoi comportamenti superbia ed arroganza, ricerca del protagonismo e carrierismo. Era ben consapevole della vocazione ricevuta. Tante volte ha sentito dirsi dal Signore: “Io ho scelto voi, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (cfr. Gv 15,16). Ha vissuto il suo ministero sacerdotale da mandato a portare una parola che non è sua, ma di Dio. L’agire da mediatore, facendo le veci del Signore, lo rendeva felice. Si vedeva da come operava, che, accettata la chiamata del Signore, ne aveva fatto lo scopo della sua vita, un dono per tutti. Era consapevole del suo essere “servo”, un lavoratore nella vigna del Signore. Lo è stato sino all’ultimo. Sapendo soffrire nel silenzio, non cedendo alle umane lusinghe e senza piegarsi alle insinuazioni dei cattivi. Servo saggio e fedele, conoscitore di questa terra, dei suoi limiti e delle sue risorse, ne esprimeva le ansie e le preoccupazioni, le attese e le speranza. Orgoglioso delle sue radici, soffriva ogni volta che sentiva parlare male della sua terra. 

Bene, servo buono!” Hai saputo adempiere alcompito ricevuto ed alla missione che il Signore ti ha affidato, quella di custodire e far fruttificare. Custodire la ricchezza dei doni ricevuti nell’umiltà del servizio e farli fruttificare senza paura, senza angoscia, senza ansietà. Maestro di vita, hai portato nel mondo della scuola il desiderio della ricerca, hai insegato agli studenti a scoprire e mettere a frutto i talenti ricevuti, a vivere la speranza in un mondo nuovo e la bellezza della fede. Un insegnamento che vale per tutti: abbiamo ricevuto un patrimonio umano da far fruttificare. Ma non commettiamo l’errore di nascondere i talenti ricevuti.Sì, lo sappiamo: è più facile seppellire i doni che Dio ci ha dato per inerzia, piuttosto che condividerli; è più facile conservare le posizioni, i tesori ricevuti, che andarne a scoprire di nuovi. Questo non fa piacere a Dio, per il quale occorre avere il coraggio di rischiare la propria vita. Sapendo che tutto quello che ci è stato donato è un’opportunità che ci è offerta per rendere il mondo più bello ed umano. Per questo il Signore loda il servo coraggioso, intraprendente, che sa trafficare i talenti ricevuti. Egli apprezza chi rischia e biasima chi si accontenta nascondendo sotterra quel che ha. La Parola che abbiamo ascoltato ci insegna che davanti a Dio nel giorno del giudizio compariranno due tipi di persone: chi ha ricevuto e ha fatto fruttificare il dono, chi lo ha ricevuto e non ha fatto niente. I primi come servi fedeli entreranno nella gioia del Signore; gli altri invece che sono stati “buoni a nulla” saranno privati anche dei meriti che pensavano di avere! Questi ultimi – è vero – non hanno fatto il male, ma non hanno fatto nulla. Cosa ch’è peggio! 

Ci piace collocare tra i primi don Cornelio. Non ne abbiamo alcun dubbio. Le sue mani hanno consacrato il pane di vita, benedetto e perdonato, aiutato e sostenuto, lavato e purificato i peccati. Il suo cuore ha amato ed accolto la Parola del Signore. La sua bocca ha annunciato il Vangelo della gioia, ha dato conforto, consigli di pace e non di afflizione. I suoi piedi hanno percorso le vie della diocesi, senza mai stancarsi. Ha dispensato il perdono e la misericordia di Dio. Ha vissuto la ricchezza del ministero sacerdotale. Non sono mancate in lui le qualità che il padrone riconosce al servo benedetto: la bontà e la fedeltà. Questo non vuol dire che non c’è bisogno di pregare. Ora imploriamo per don Cornelio, ma anche per noi, la pace e il perdono dei peccati commessi per la fragilità della condizione umana. 

Bene, servo buono!” sono paroledette dal Signore, “mentre camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme”. Sono parole che Gesù dice proprio al termine del suo viaggio verso Gerusalemme, quando all’orizzonte appare il calvario, la croce, la sua ora, la passione e la morte. Le dice nel momento supremo della vita, quando la Verità è davanti! E’ il momento della morte l’ora della verità e della vita. Quando la scienza tace di fronte ad un cuore che non batte più, ad un encefalogramma piatto, è l’ora della verità, l’ora che apre le porte alla vita senza tempo, alla vita che non ha più tempo, non è più soggetta al tempo, l’ora che partecipa dell’eternità di Dio. 

Carissimi fratelli e sorelle, autorità civili e militari, sacerdoti, parenti e amici di don Cornelio, nell’ora di Gesù che guarda oltre la morte troviamo la speranza di cieli nuovi e terra nuova. E’ la speranza che don Cornelio nella sua vita terrena ha sempre tenuta desta grazie alla sua fede nel Dio della vita, il Dio che crea e conserva in vita. Noi non celebriamo la morte, ma crediamo nella vita che il Signore Risorto ci mostra: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo. Non è qui, è risorto” (Lc 24, 6). 

Questo momento di preghiera può trovare giustificazione solo in questa fede. Senza fede non c’è speranza. Senza fede non c’è futuro. Chiediamo al Signore di perseverare in questa fede in modo da essere anche noi servi fedeli e buoni, poterci sentire dire anche noi dal Signore: Bene servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone. Amen.