Auguri don Francesco

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L’omelia del Vescovo, mons Francesco Oliva durante la S. Messa celebrata a Roccella per il XXV anniversario di sacerdozio di don Francesco Carlino

 

Celebriamo la festa delle dedicazione della basilica lateranense, prima per dignità di tutte le chiese d’Occidente, essendo “Chiesa Madre di tutte le chiese”, chiesa cattedrale del vescovo di Roma, successore di Pietro. La liturgia c’invita a riflettere sul luogo, ove si celebrano i sacri misteri. Il luogo che richiama la presenza di Dio, il Dio che ha voluto stabilire la sua dimora tra noi: “Dio si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. San Paola ricorda: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1Cor 3, 11).  C’è un tempio fatto di pietre e c’è un tempio spirituale. San Paolo non si ferma al tempio materiale, alla semplice costruzione, ma fa riferimento alle persone che lo abitano. Questo tempio spirituale che siamo noi è “santo”. Santo, perché fondato su un saldo fondamento, resistente ad ogni terremoto: Cristo Gesù. Ogni costruzione è ben compaginata se ha Cristo come suo fondamento. E’ Cristo che da consistenza a questo tempio, solidità alla vita. Ogni essere vivente è perciò sacro, intoccabile, anche quando dovesse diventare indegno. A nessuno è concesso di profanarne la sacralità e dignità.

Il rispetto che spetta ad ogni essere umano per la dignità che porta dentro non va confuso con quel rispetto umano che ci rende complici del male, che porta molti a giustificare ogni cosa, anche il male distruttivo che inquina la nostra terra, paralizza il nostro sviluppo, uccide i giovani con la droga, fa violenza sulle donne e sui piccoli, giustifica il datore di lavoro che non dà la giusta paga all’operaio o il furbo che evade le tasse, l’impiegato che timbra il tesserino e va via dal posto di lavoro, il finto invalido che percepisce l’indebita pensione, lo strozzino che usura la povera gente, lo spacciatore che vende morte. Una simile mentalità che convive ed accetta questi comportamenti è mafiosa. Non si addice a nessun uomo onesto ed è in contrasto col Vangelo.

Il tempio spirituale che siamo noi va custodito in tutta la sua bellezza. Non ammette contaminazioni e strumentalizzazioni: è la vera casa-abitazione di Dio Padre.

C’è anche il tempio fatto di pietre che è casa di preghiera e di adorazione. Sono le nostre chiese, che una religiosità superficiale e abitudinaria spesso trasforma in luogo di chiacchiericcio se non di discordia a buon mercato. Gesù afferma in modo categorico: “Non fate della casa del Padre mio un mercato”. Lo dice anzitutto a ciascun sacerdote. Il sacerdote è custode del tempio e responsabile della vita spirituale della comunità. In che senso? Lo spiega il vangelo, facendo rilevare la reazione di Gesù di fronte a chi riduce il tempio a luogo di mercato. “Fuori i mercanti dal tempio!” è il grido di Gesù, che vuole riportarlo a luogo di adorazione, di incontro e di preghiera. Far vivere la preghiera come momento d’incontro con Dio ed i fratelli è la vera funzione del tempio. Quando preghi e ti accorgi che un tuo fratello si è allontanato o è assente, preoccupati, va alla sua ricerca, interessati di lui. Nel tempio non possono coesistere la lode a Dio e le mani sporche di ingiustizie, di calunnie e maldicenze. Il tempio va purificato da tutto questo. Gesù non gradisce che si approfitti della “casa del Padre” per i propri interessi, che da luogo di preghiera si trasformi in uno spazio ove gestire i propri affari e rimpinguare le proprie tasche. Ad ogni sacerdote il compito di custodire la dignità della casa di Dio, il suo silenzio e la sua sacralità. La parole di Gesù ci avvisano del rischio che si corre quando da luogo di culto il tempio diventa luogo di commercio, dove è di casa l’idolatria del denaro. Una tale contaminazione è possibile anche nelle nostre chiese. Se negli antichi templi il mercato riguardava gli animali necessari per i sacrifici, oggi può interessare altro, come oggetti sacri, devozionali, ma anche l’organizzazione di feste patronali.

Il Vangelo invita a non fare della vita un mercato, a non sottometterla alla legge del denaro, a non adottare con Dio la legge della compravendita, la logica del baratto, dove tu dai qualcosa a Dio (una Messa, un’offerta, una rinuncia…), perché lui dia qualcosa a te. Dio non si compra e non si vende. Poveri anche noi sacerdoti se diventassimo “mercanti della fede”. La Grazia che viene dispensata in Chiesa attraverso i sacramenti non ha un prezzo e non si può comprare. Papa Francesco ricorda che non ci sono tariffe per ricevere i sacramenti, che non c’è da pagare la dogana per avere dei servizi religiosi. In una sua omelia faceva notare: “Quante volte vediamo che entrando in una chiesa ancora oggi c’è lì la lista dei prezzi: per il battesimo, la benedizione, le intenzioni per la messa. E il popolo si scandalizza. Le Chiese non diventino mai case di affari, la redenzione di Gesù è sempre gratuita”.

L’edificio di pietra è importante, ma rimane secondario. Essenziale è l’esperienza di fede che nel tempio si può e si deve fare: vedere  ed incontrare Dio, ascoltarlo nell’intimità del nostro essere, ottenere misericordia e perdono, riconciliarsi con se stessi ed il mondo, recuperare la gioia del sentirsi amati.

Il comportamento di Gesù al tempio suscitò forti reazioni. C’è chi chiedeva un segno sulla sua autorità e derivazione divina. Ed egli rispondeva: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Con queste parole Gesù annuncia la risurrezione con la quale la sua umanità diventa il luogo definitivo della rivelazione del Padre, il luogo di incontro con Dio. Di tutto questo i discepoli “si ricorderanno” dopo la Pasqua, quando lo Spirito Santo li conduce a tutta la verità. Capiranno allora che l’umanità di Gesù è il vero tempio di Dio, che fa incontrare veramente Dio. Incontrare Dio, seguirlo e amarlo è questa la vocazione di ogni uomo. Ed è questa anche l’esperienza di fede che il mondo si aspetta di vedere in ogni sacerdote. Ogni giorno il sacerdote è chiamato a rendere ragione della sua fede, a manifestare la gioia di avere incontrato Gesù.

Celebrare l’anniversario dell’ordinazione sacerdotale è poter raccontare un’esperienza bella di amore: un amore incontrato, vissuto e donato. E’ rinnovare il patto di amore con Dio, un amore che è per l’eternità. Ogni vocazione sacerdotale è “un grande mistero ed un dono” che supera infinitamente l’uomo. “Ognuno di noi sacerdoti lo sperimenta chiaramente in tutta la sua vita” (Giovanni Paolo II). Per questo dobbiamo sempre dire grazie al Signore, pur riconoscendo la nostra inadeguatezza.

Mentre auguro a p. Francesco ogni bene e servizio di amore sempre più generoso, chiedo di pregare per i sacerdoti e per le vocazioni.