Gioia e collaborazione: il Messaggio di S.E. Mons. Francesco Oliva per la Festa della Madonna della Montagna di Polsi

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Sento poter dire oggi una parola di lode e ringraziamento a Dio. Lo faccio con tutto il cuore e con tanta gratitudine al Signore e a tutti voi. Grazie a questo popolo di San Luca, per la sua testimonianza di fede e perseveranza. Grazie per essere qui. In questo giorno solenne che i devoti della Madonna della Montagna per secoli hanno celebrato nella valle di Polsi. Lo facciamo in questa Chiesa che da secoli ha alimentato la fede e la devozione di questa gente che di Polsi è custode geloso da sempre. Qui rinnoviamo una devozione ed una fede che si trasmettono di generazione in generazione. In che modo avviene questa tradizione di fede? Attraverso la fede della famiglia, che pur tra mille difficoltà continua a trasmettere ai propri figli la devozione alla madonna di Polsi. È stato commovente vedere questa notte tanti bambini gioiosi e contenti assieparsi in questa chiesa e cantare. Grandi e piccoli che cantavano inni a Maria. Grazie a tutti, ai giovani di questa parrocchia, ai sacerdoti, ai collaboratori del santuario che hanno collaborato nel rendere possibile questa festa del 2 settembre anche quest’anno in un contesto di evidenti difficoltà. Grazie alle autorità per la collaborazione data in questi giorni e che saranno chiamati a dare nel prosieguo della festa.
Due sono le parole che vorrei consegnare oggi a questa comunità. La prima è gioia. Non la gioia superficiale ed effimera di un momento che passa velocemente e lascia vuoti interiori e insoddisfazioni. È la gioia di una vita piena, la gioia di chi sa che la vita è bella nonostante le sue prove e difficoltà e va vissuta sino in fondo. La vita è bella e va vissuta sino in fondo perché ha un senso. Un senso che non siamo stati noi a darle ma Colui che l’ha voluta e creata, il Dio che ci ha creati, lo stesso che non ci abbandona mai. Il profeta Isaia ci ha rivolto un invito alla gioia: “Giubilate, o cieli; rallegrati, o terra; gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha pietà dei suoi miseri” (Is 49, 13). La gioia nasce dal riconoscere di non essere mai soli. Colui che ci ha chiamati alla vita non ci lascia soli in un destino che porta alla distruzione ed alla morte. Ci consola ed ha pietà di noi; ci accompagna e si segue nel cammino della vita. ci aiuta a comprendere i nostri limiti e fragilità e ci sostiene. Il profeta Isaia parla della tenerezza materna di Dio: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai”. Sì, Dio è stato tenero con noi! È stato tenero con me che anche in questi momenti più bui, mi ha aiutato ad intravedere una feritoria di luce. Questa feritoia di luce è il popolo fedele, credente, che non vuole sentirsi solo, che vive anche le situazioni più problematiche nella speranza di continuare il cammino e lottare, di vedere Maria. In questi giorni l’ho spesso pensato. La fede del popolo è semplice e spontanea, va accolta ed alimentata, è come un lucignolo fumigante che non va mai spenta. Ed anche quando le difficoltà della vita, gli imprevisti del momento, gli ostacoli lungo il cammino portavano a cercare nuove vie, soluzioni diverse da quelle di sempre, Lui, il Signore ci è stato vicino e ci è venuto incontro. L’ho compreso riflettendo su quanto accadeva. E quando avvertivo la gravità di certe accuse, ma anche la loro ingiustizia, ho pensato: se un popolo cerca il Signore, questo popolo gli appartiene ed il Signore lo cerca. Se ci sono fedeli che invocano Maria, Maria è la madre che va loro incontro.
La conclusione è stata questa: rendere possibile l’incontro con Maria. Lei è la madre, che cerca i suoi figli e non può restarsene lontana, in un luogo inaccessibile. Come madre va incontro ai suoi figli. Questo incontro quest’anno è bello viverlo qui in un luogo abitato, raggiungibile da tutti. Non siamo stati noi a metterci in viaggio per la montagna direzione Polsi, ma è Maria a farsi vedere ed incontrare attraverso la sua immagine che ci è stata portata. Non di nascosto, ma in modo discreto, perché Lei sempre in modo discreto e non nel clamore o attraverso eventi miracolosi si manifesta a noi. Si manifesta nella quotidianità della vita, nella casa abitata dagli affetti familiari, dalla fatica dei genitori che hanno difficoltà a portare avanti la loro famiglia, dalla sofferenza degli anziani, dal sorriso dei piccoli e dalla loro speranza di un futuro di pace.
Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta”.
Maria quest’anno si è messa in viaggio, per essere tra la sua gente. A tutti vuole consegnare una parola di vita e di speranza, una parola nuova, diversa, secondo la condizione di vita di ciascuno. Alle nozze di Cana Maria dice ai servi: “Fate quello che Egli, il Figlio, vi dirà”. Cosa il Figlio di Maria vuole dire a ciascuno di noi? “Sei triste? Ti senti solo? Non arrenderti. Non sei solo”. “Ti sei allontanato, hai perso la fede, la fiducia nel prossimo, non hai più amicizie”. “Non arrenderti, la vita va affrontata con coraggio. Ti sei allontanato da Dio. qualunque ne sia il motivo, è tempo di ritornare. Hai mancato alla carità? Chiedi perdono e riconciliati con il fratello. Oggi è tempo di riconciliazione. Il mondo, noi abbiamo bisogno di riconciliazione. Abbiamo bisogno di perdonare e di essere perdonati. Mettiti in cammino come Maria verso la montagna. La montagna è la vita da scalare, da affrontare, da rendere praticabile. Vanno custoditi i percorsi, liberati gli ostacoli, superate le frane. Tanti ostacoli che non possono e non devono impedire il camino. Ma non fermarti e non aspettare dagli altri quello che puoi e devi fare tu. Solo così, come Maria, in fretta potrai raggiungere la città di Giuda, dove abita Elisabetta, la parente che è nel bisogno e metterti a suo servizio. Raggiungere la città di Giuda per mettersi a servizio di chi è nel bisogno. È questa la fede che rende bella la vita, la fede vera che ci fa incontrare Dio nel volto di Elisabetta, la parente che è nel bisogno.
Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta vi vive l’incontro con Dio: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva”. La fede è incontro, è lode, è gratitudine. La fede è umile e caritatevole. Non arroganza, prepotenza, ingiuria, minaccia.
La fede di Maria ci porta a magnificare il Signore, a rendergli grazie, a riconoscere l’amore che Dio ha per noi. C’è un’espressione molto bella del profeta Isaia che vogliamo accogliere come una bella notizia per noi: ” Ti ho disegnato sul palmo delle mie mani” (Isaia 49,16). Ogni volta che Dio guarda il palmo della Sua mano, io sono là. In momenti di sofferenza, di solitudine, di umiliazione, di fallimento, di abbandono non dimentichiamo questo: siamo disegnati, impressi nel palmo della mano di Dio, ricordiamo, ricordati che sei nelle mani di Dio!
Dopo la parola “gioia”, c’è una seconda parola che desidero consegnare a ciascuno: collaborazione. La collaborazione fa la comunità. C’è bisogno di comunità e la comunità nasce dalla collaborazione, dal lavorare insieme, dal camminare insieme. Nulla si costruisce se non nella collaborazione. Anche questo momento è frutto di una collaborazione, forse difficile, problematica, discreta, faticosa. Ma questa collaborazione non è mancata, altrimenti non sarebbe stato possibile tutto questo. anche se la collaborazione è spesso difficile, faticosa, non si può dire che non c’è stata. Anche il nostro santuario di Polsi è luogo di collaborazione.
Amiamo sempre collaborare, ossia lavorare insieme. Stare al balcone e criticare il mondo intorno serve poco non aiuta a migliorare. Questa comunità ha bisogno di gente che s’impegna a costruire una città giusta, umana, solidale, che sa che non ha futuro se non cammina insieme, se non si divide, se non si lascia strumentare dai maestri della divisione e del sospetto. Collaborate con le autorità nel tenere pulita la vostra città, ed in ordine. Soprattutto in questi mesi in cui verranno altri devoti a fare visita alla Madonna. Siate accoglienti secondo il vostro stile e la vostra tradizione.
Questa comunità non può costruirsi senza la fede nel Dio che ama e chiama a vivere nell’amore. C’è bisogno del lavorare insieme nel rispetto per l’altro e di quelle regole della convivenza umana, che portano ad affermare il bene comune fondato sul rispetto dell’altro e sulla cura del creato. Collaborare è anche darsi la mano nel bisogno e nella necessità. È correggersi a vicenda. È volere il bene della comunità. La parola che la Madonna della montagna ci consegna oggi è questa: costruire una comunità sul rispetto e sulla condivisione e nella cura del creato. Amate e custodite la montagna, proteggetela dagli incendi. È luogo di vita, di silenzio e risorsa per tutti. La fede, la devozione a Maria ci portano a camminare in questa divisione.
In questo tempo, non facile anche per me, mi sono ricordato di una bellissima preghiera di don Luigi Serenthà, un sacerdote morto a 48 anni, nel settembre 1986:
Signore Gesù, tu sei i miei giorni. Non ho altri che te nella mia vita. Quando troverò un qualcosa che mi aiuta, te ne sarò intensamente grato. Però, Signore, quand’anche io fossi solo, quand’anche non ci fosse nulla che mi dà una mano, non ci fosse neanche un fratello di fede che mi sostiene, tu, Signore, mi basti, con te ricomincio da capo. Tu sei il mio desiderio!”.
O Maria, madre umile discepola del Signore, donna del grembiule e del servizio, insegnaci che l’amore vero è concretezza, sollecitudine, vicinanza, sguardo rivolto a chi ha bisogno, mano che si apre con generosità e altruismo, piedi che in fretta vanno incontro al fratello.
Tu sei donna vera, di fede grande, insegnaci a fidarci di Dio, rendi viva in noi la fede e la speranza nella vita e nella salvezza che Dio ci dona, rendici capaci di una carità senza misura. Il tuo sguardo vegli su di noi, perché possiamo essere gente che crede, che spera e che ama. Amen.

✠ Francesco Oliva